Al giorno d’oggi, sui vari canali multimediali che ci raggiungono, sentiamo sempre più spesso parlare di green bond. Ma di cosa parliamo? Non si tratta di uno strumento di investimento ad interesse fisso come altri e non è semplicemente assimilabile ai climate bonds, che finanziano progetti che riducono le emissioni da fossili o puntano a ridurre l’effetto del cambiamento climatico, ma molto di più! Per far maggiore chiarezza, valutarli e capire perché possono essere una valida alternativa, scopriamo insieme cosa sono i green bond.
I green bond sono dei bond progettati per incoraggiare la sostenibilità e supportare speciali progetti a favore dell’ambiente, e in certi casi correlati anche al clima. Per entrare più nello specifico, i target project che vanno a finanziare sono:
quelli incentrati sull’efficienza energetica;
quelli che puntano alla prevenzione dell’inquinamento;
quelli che ricercano nell’ambito dell’agricoltura e pesca sostenibili e sul ripopolamento forestale;
quelli che proteggono ecosistemi acquatici e terrestri;
quelli che cercano di ottenere catene di trasporti più puliti;
quelli che si applicano per un uso sostenibile dell’acqua e per la sua pulizia.
Oltre a questo, sono chiaramente inclusi anche progetti più innovativi che vanno a ridurre l’effetto dei cambiamenti climatici.
Tendenzialmente, proprio per via dell’effetto di ritorno positivo che hanno sull’ambiente e sul benessere della popolazione umana, i green bond sono affiancati da importanti sgravi fiscali (esenzione dalle tasse o crediti verso l’erario).
Ovviamente, questo aspetto li rende molto attraenti agli occhi di un investitore, soprattutto se confrontato con i normali bond soggetti a tassazione piena.
Ma quali bond possono rientrare in questa categoria? Ci sono chiaramente svariati criteri e un’attenta valutazione svolta da enti preposti, che certificano l’effettivo effetto potenzialmente positivo del progetto sull’ambiente (in base al relativo settore): uno di questi è il Climate Bond Standard Board, ma sono state emanate delle linee guida anche dall’International Capital Market Association (ICMA) .
Infine, è bene precisare che inizialmente questi tipi di bond provenivano prevalentemente da istituti come la Banca Mondiale o la Banca Europea per gli Investimenti. A questi, gestiti quindi da enti non legati ad uno specifico paese, si sono successivamente aggiunti quelli emessi da enti statali o addirittura da specifiche aziende.
Nel 2007, l’Intergovernmental Panel for Climate Change, un’agenzia ONU che fornisce dati scientifici sul cambiamento climatico e sui suoi impatti politici ed economici, ha pubblicato un report che ha collegato l’attività umana al riscaldamento globale.
Qualche mese dopo, un gruppo di fondi pensionistici Svedesi ha iniziato una politica di investimento su progetti che potessero essere di aiuto per il clima. Appena un anno dopo, la Banca Mondiale divenne la prima istituzione a produrre un green bond, ottenendo fondi da investitori che cercavano operazioni a reddito fisso e fornendoli in prestito a progetti proprio legati al clima.
A partire dal (non così lontano) 2012, in cui l’ammontare di questi bond si attestava circa sui 2.5 miliardi di dollari, si è arrivati già nel 2016 a un valore di quasi 33 miliardi. L’impressionante dato aggiornato al 2020 ci parla addirittura di un valore complessivo di circa 270 miliardi.
Un contributo fondamentale è arrivato proprio da quei paesi in sviluppo o che hanno una enorme potenza industriale, come Cina ed India.
Per quanto riguarda la Borsa Italiana e più in generale i green bond italiani, la tendenza non è stata solo quella di seguire il trend mondiale, quanto piuttosto di essere parte integrante del cambiamento. È per questo che la Borsa nazionale è entrata a far parte del Sustainable Stock Exchanges Initiative (progetto ONU) ed è membro proprio dell’ICMA, che definisce i princìpi e le linee guida relativi ai green bond.
A tal proposito, è stato reso disponibile un nuovo segmento (Euronext STAR Milan) incentrato su aziende che rispettano stringenti requisiti in termini ESG (Environmental, Social, Governance) .
In aggiunta, nel 2021, l’Italia stessa è entrata nel mercato dei bond degli stati sovrani che finanziano lo sviluppo sostenibile tramite l’emissione dei cosiddetti BTP Green, incrementando il proprio impegno nel raggiungere la Climate neutrality entro il 2050, come concordato con nell’European Green Deal. Lo scopo di questi bond è finanziare proprio la transizione ecologica italiana, iniziata negli anni precedenti e allo stesso tempo favorire collaborazioni tra settore pubblico e privato per sviluppare e rafforzare questi strumenti finanziari.
I criteri definiti dal Ministero dell’Economia e Finanza in questi casi restringono i destinatari ai fondi di investimento ad alcune precise categorie: produzione energetica e riscaldamento da rinnovabili, efficienza energetica, trasporti, prevenzione dell’inquinamento e promozione dell’economia circolare, protezione dell’ambiente e della diversità biologiche.
I bond, a pagamento nell’Aprile 2045, renderanno l’1,5% annuo e coprono un valore di 8,5 miliardi di euro.
E quindi, a chi possiamo rivolgerci noi investitori che puntiamo al mondo dei green bond nel 2022?
Spinti da questo sviluppo e contribuendovi allo stesso tempo, sempre più fondi di investimento hanno permesso ad investitori anche retail, quindi non professionali, di poter partecipare a queste iniziative.
Allo stesso tempo altre aziende, come bilty illimity, hanno abbracciato la causa dell’affiancare imprese italiane nell’approcciare e quindi continuare a seguire un piano di sostenibilità su tutti gli aspetti ESG.
Dare la giusta impronta ad un’idea fin dalle fasi iniziali di progettazione, grazie a figure altamente specializzate, rende sicuramente più breve il processo di valutazione e realizzazione, permettendo di raggiungere il prima possibile il mercato ed ottenere i fondi necessari per far decollare il progetto.
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